Il gruppo URRI è nato nel 1955 all’interno dell’Unione URRI, associazione senza scopo di lucro il cui fine era l’educazione dei giovani (studenti delle scuole medie e superiori) attraverso studi e conferenze, ma soprattutto attraverso attività all’aria aperta, del tipo che oggi sono definite d’ardimento, capaci cioè di formare il carattere attraverso l’esercizio del coraggio, della resistenza e del gusto per l’ignoto.
URRI non è un acronimo, come spesso è stato erroneamente interpretato, ma il nome del nome tutelare degli alpinisti e degli sciatori.
Il gruppo iniziò subito a svolgere corsi propedeutici di speleologia, essendo all’epoca una scienza riservata ai professori ed alla Società Speleologica Italiana (in seguito definita SSI).
Il primo corso risale al 1956/57 e la numerazione è stata sempre mantenuta fino ad ora; nel 2011 si è svolto il 45° corso poichè non tutti gli anni sono stati svolti i corsi, anche se l’attività speleo non è mai cessata.
In collaborazione con lo Speleo Club Roma venne iniziata un’azione di coinvolgimento presso la SSI che portò presto alla possibilità, anche per i semplici esploratori di grotte, di far parte della Società Speleologica Italiana.
Poco dopo il gruppo URRI fondò con altre associazioni il Soccorso Speleologico sul modello di quello alpino, dal quale, all’epoca, era nettamente separato e la Scuola Nazionale di Speleologia.
L’URRI cominciò ad esplorare e rilevare, prendendo come guida il famoso libro del Segre, molte delle grotte del Lazio e dell’Abruzzo (dove l’URRI aveva costruito un rifugio in muratura denominato “la vedetta” tuttora esistente, ma diventato privato) che a causa di salti e verticali, sia in discesa sia in risalita, venivano definite dal Segre “impercorribili”.
Negli anni ‘50 e ’60, la speleologia era un’attività molto faticosa e che richiedeva la partecipazione di un grande numero di elementi a causa dei materiali di gruppo di provenienza militare (la famosa “Azzario” del peso di 7kg utile solo per 5mt), delle corde di canapa di grosso diametro e della tecnica di “Sicura”che richiedeva la permanenza di una persona sopra ogni salto anche di piccola altezza.
Degli anni ’50 e ’60 sono le discese dei Meri del Soratte, l’esplorazione ed il rilievo delle grotte di Stiffe e dell’Imele.
Quando il fondo era percorso da grossi e violenti corsi d’acqua con relative cascate, le esplorazioni venivano effettuate grazie all’applicazione di tecniche di roccia che permettevano la percorrenza delle grotte in alto, lungo le pareti laterali.
Nello stesso periodo l’URRI costituì un gruppo distaccato a Sarteano (SI) che, oltre all’esplorazione di varie grotte, ritrovò i resti di un Ursus spelaeus.
Sempre negli anni ’60, iniziarono le esplorazioni dei sifoni di Pastena, eseguite con le attrezzature dell’epoca, del tipo “gran facciale” e senza muta.
Di notevole rilievo fu l’esplorazione di Grotta A Male presso Assergi (AQ) di cui parlava un testo storico ma della quale non si trovava il proseguimento a causa di crolli successivi alla descrizione del testo.
Con attrezzature subacquee più adeguate vennero esplorate, di questa grotta, anche i sifoni ed il ramo sommerso.
Di tutte queste attività si interessò anche la stampa e la radio, così come fece notizia la collaborazione dell’URRI con la Direzione di Artiglieria per il recupero di residuati bellici gettati dopo la guerra in fondo a pozzi naturali ed artificiali.
Vi fu anche una proficua collaborazione con l’Istituto Geografico Militare per l’aggiornamento delle tavolette 1:25000.
L’archeologia, sia sotterranea che subacquea, venne ben presto a far parte delle attività dell’URRI e di notevole interesse furono gli scavi, i rilievi ed i reperti recuperati alla Grotta di Castro ed al lago di Bolsena.
All’epoca, in archeologia, i gruppi o i singoli potevano divenire “fiduciari” e quindi scavare, restaurare e consegnare il tutto in un grande magazzino presso il giardino zoologico di Roma.
Nel 1963 venne organizzata una spedizione in Sardegna alla Grotta Su Bentu per la quale si ottenne un contributo dalla Presidenza della Repubblica e materiali dalla “Snia viscosa” e da altre ditte.
La percorrenza e la documentazione fotografica richiesero permanenza interna continuativa anche per più giorni.
Altre importanti attività furono: la partecipazione alla spedizione “50km bajotierra” in Spagna (Ojo Guaregna); il rilevamento dei condotti sotterranei dell’aeroporto Leonardo da Vinci, prima del suo completamento, perchè una delle ditte costruttrici aveva smarrito la planimetria; il ritrovamento della città di Sigilmassa (nella regione de Tafil Alt) originaria della dinastia tuttora al potere in Marocco (la spedizione fu organizzata dalla Fondazione Svizzera della Keimer).
Risolutiva fu l’invenzione di un sistema di scalette per sostituire le “Azzario” con scalette costruite con il tubo in duralluminio e cavetto in acciaio fissato con stagno fuso; tutto ciò fu inventato perchè il precedente sistema di risalita su corde, costituito da un rudimentale autobloccante, si era rivelato troppo faticoso e pericoloso.
L’attività del Soccorso Speleologico si svolgeva con regolari esercitazioni, che portarono tra l’altro al recupero di un suicida dal fondo dell’Abisso della Vettica, mentre l’utilizzo delle nuove scalette permise la discesa dell’Abisso di Pizzo Deta, in collaborazione con lo Speleo Club Roma e con degli speleologi spagnoli e la discesa della Grotta di S.Lucia sul monte Soratte, sempre con lo SCR.
L’attività sia speleo sia alpinistica in Abruzzo, portò alla conoscenza di giovani che ben presto vennero organizzati in gruppi speleologici, mentre l’URRI non è mai entrata in competizione con il Club Alpino Italiano presso il quale molti soci erano iscritti e frequentavano i corsi di roccia.
Tra i gruppi fondati ci furono quelli di L’Aquila, di Sulmona, di Popoli, di Iesi e altri gruppi che vennero tutti radunati in un convegno-mostra a L’Aquila che ebbe un notevole successo anche di pubblico e di autorità locali.
In collaborazione con detti gruppi fu eseguita un’approfondita esplorazione ed il rilievo della Grotta del Cavallone, del Bue e dell’Asino, quest’ultima raggiunta per la prima volta con una difficile scalata dal basso dopo vari infruttuosi tentativi di calata dall’alto da parte di un gruppo speleo belga.
A conoscenza dell’URRI, la Grotta dell’Asino, che si apre a metà di una parete verticale di roccia non salda, non è più stata visitata.
Tra il 1970 e ’80, tutti i gruppi diventarono autonomi, mentre il gruppo di Sartiano aveva già cessato la sua attività.
Precedentemente l’URRI aveva controllato presso il Sincrotrone di Frascati, dotato di dinamometro, i primi strumenti meccanici per l’utilizzo della corda statica, perfezionata poi da Petzl e da altre ditte, che portò la Scuola Nazionale di Speleologia della SSI alla regolamentazione dei corsi di vario livello ed all’obbligo dell’assicurazione da parte di tutti i gruppi associati.
L’URRI è al XX corso di I livello nel 2011, mentre non ha ancora organizzato corsi di II livello pur avendo un buon numero di istruttori di speleologia (IS) in campo medico, geologico, archeologico, geografico e tecnico, inoltre appresta da molti anni gli ostacoli di ardimento per le gare di pattuglia dell’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo ed ora, nel 2011, è al III corso, effettuato presso la palestra d’ardimento dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, alla quale molti soci dell’URRI sono iscritti.
Tali corsi sono frequentati da militari in congedo ed in servizio.
Nel 2001 l’URRI costituì un gruppo speleo distaccato ad Arcinazzo Romano (RM) con il quale allestì un’interessante mostra agli Altopiani e con il quale esplorò e rilevò diverse grotte quasi tutte con ingressi molto stretti e collocati in quota.
Di notevole importanza fu anche il recupero di ordigni bellici in provincia di Frosinone, a Fiuggi.
Nel 2009 il gruppo di Arcinazzo si è reso autonomo ed ora lavora intensamente nella zona.
Nel ottobre 2006, l’Unione URRI ritenne di sospendere la propria attività pur senza addivenire al suo scioglimento destinando conseguentemente il gruppo speleologico alla continuazione della sua attività fregiandosi del nome e dei simboli dell’URRI oltre che a costituire la memoria dell’Unione.
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